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venerdì 21 febbraio 2014

Quattro chiacchiere con...Arcadio Spinozzi


Stopper classe 1953, nato a Mosciano Sant'Angelo in provincia di Teramo, Arcadio Spinozzi - Spina per gli amici - in carriera ha indossato le maglie di Sambenedettese, Angolana, Verona, Bologna, Lazio, Reggina e l'Aquila. Una volta appesi gli scarpini al chiodo,  l'ex difensore si è seduto in panchina. Prima al Molfetta, poi alla Santegidiese, tre anni come allenatore della Primavera dell'Udinese, a Perugia in serie A al fianco di Vujadin Boskov e, ultima esperienza, con i ghanesi dell'Asante Kotoko nel 2000. In mezzo, due stagioni come osservatore della Juventus. Senza dimenticare Il 15 aprile 1978. Il disastro della Freccia della Laguna, incidente ferroviario in cui  perserso la vita decine di persone e molte altre rimasero ferite. Spinozzi era là, su quel treno, insieme ai suoi compagni di squadra del Verona. Uno smottamento causato dalle forti piogge: il treno che attraversa i binari e finisce nel senso opposto. Un altro treno che sbuca dalla galleria....
Ora Spinozzi è a casa. E risponde alle nostre domande. Spinozzi, uomo vero in un calcio che si è voluto dimenticare di lui.





La tua carriera ti ha visto indossare diverse maglie ma, leggendo il tuo libro più recente,  "Una vita da Lazio", si nota che sei rimasto legato soprattutto ai capitolini, nonostante alcuni problemi avuti con la società. Come te lo spieghi questo legame?
"Il legame con la Lazio è dovuto soprattutto alle vicende che sono successe in quei sei anni dove i tifosi venivano strumentalizzati per interessi personali e venivano anche ingannati da una dirigenza che come obiettivo aveva soltanto il dominio della società. Lotte interne che in effetti sfociavano poi in menzogne che quotidianamente venivano comunicate attraverso i media, attraverso personaggi legati alla  tifoseria più calda. Se non avessi reagito mi sarei sentito complice di questi personaggi che avevano distrutto la Lazio a livello economico e di immagine. Alla Lazio ho trascorso anni difficilissimi, anni pesanti, di sicuro non ho avuto modo di annoiarmi! Ho passato anche momenti veramente gioiosi, emozionanti però anche alcuni dove la delusione era talmente tanta che l'ho vissuta intensamente questa avventura, le mie gioie e soprattutto le grandi delusioni resteranno per sempre".

In carriera qual é il dirigente col quale hai legato di meno e quello col quale hai legato di più?
"Ho avuto contrasti durissimi alla Lazio con Luciano Moggi e con Antonio Sbardella. Il dirigente con quale ho legato di più, invece, per il modo di comportarsi, per aver mantenuto le promesse anche se fu costretto ad andar via è Giorgio Chinaglia. Lui con me è stato sempre leale, quello che mi ha promesso e detto lo ha sempre mantenuto, personalmente potevo contare su di lui".

Qual é il compagno di squadra che ricordi con maggiore affetto?
"Ce ne sono tanti. A far nomi ne dimenticherei chissà quanti. I miei compagni del Verona, del Bologna, anche quelli avuti a Roma: come non ricordare Stefano Chiodi, Giorgio Mastropasqua, Giuliano Fiorini (nella foto), Emiliano Mascetti e tanti altri".


Qual é il giocatore più forte col quale hai giocato?
"Per più forte parlo di mezzi, di qualità tecnico-atletica: Sergio Gori, Emiliano Mascetti, Vincenzo D'Amico e Bruno Giordano".

Sei rimasto in contatto con qualche tuo ex compagno di squadra? 
"Sento qualcuno, anche negli ultimi tempi mi sono stati abbastanza vicini  - ho problemi fisici - Renato Miele, Vincenzo D'Amico, Renzo Garlaschelli: sono queste le persone a cui sono legato e che sento non dico spessisismo ma con le quali riesco ancora ad essere a contatto".

Nel calcio di oggi, c'è un giocatore nel quale ti rivedi? 
"Ti confesso che dai fatti di Calciopoli non ho più seguito il calcio anche perché mi sono costituito parte civile nel processo di Roma e di Napoli e quindi sapendo come stavano le cose e visto che a Roma hanno chiuso i procedimenti con verdetti 'salvatutti', da quel momento ho deciso di non seguire più le vicende calcistiche".
Questa risposta ha 'stoppato' ogni nostra domanda sul calcio in generale e sul calcio romagnolo. 

Cosa ti viene in mente se ti viene ricordata la data 15 aprile 1978? 
"E' la data che rimarrà impressa nella mia mente per sempre. L'incidente ferroviario. Mi vengono in mente gli attimi interminabili chiuso dentro questa carrozza dove tutto si disintegrava e poi le immagini appena riuscito a venir fuori da questi rottami, vedere i corpi smembrati delle persone che purtroppo non avevano avuto la nostra fortuna. Perché tra le varie coincidenze favorevoli c'è che noi capitammo al turno giusto dei pasti: l'incidente infatti capitò mentre stavamo andando nella carrozza ristorante e questo ci salvò la vita. Lo shock che avevo subito durante questi momenti, l'uscir fuori e vedere dei corpi straziati mentre, preso dal panico, cercavo di raggiungere l'autostrada là vicino a piedi rimarranno per sempre".

Attualmente, di cosa ti occupi? 
"Sono fuori dal calcio da anni, ovvero da quando denunciai ciò che accadeva nel mondo del calcio e da allora non ho più ricevuto nessuna proposta di contratto. Attualmente non faccio niente nel senso di attività lavorativa. Sto lottando contro qualcosa di subdolo da cinque anni, tutte le mie energie sono state bruciate da questa lotta che sto facendo".


In bocca al lupo, Spina, uomo vero dentro e fuori dal campo.  

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